lunedì 2 dicembre 2013

Nel secolo che viene


Intervento alla convention di Pippo Civati all'Estragon di Bologna del 1 Dicembre 2013.

Ringrazio Pippo Civati per aver stupito il Pd nella serata di Sky. Ma la sua e la nostra ambizione è che il Pd sappia stupire il Paese. L'Italia potrebbe vivere meglio. Ci impoveriamo perché non vediamo più le nostre ricchezze. Le classi dirigenti italiane ed europee sono noiose, ripetono sempre le stesse cose e parlano solo di debito. Ma ormai non è più solo un dato contabile, il debito è mentale, è nella testa di chi comanda. È la miseria dell'establishment che riduce in miseria il Paese. 

Eppure il secolo che è appena cominciato può essere anche italiano. Tutte le novità del mondo fanno vibrare antichi caratteri nazionali che noi stessi abbiamo dimenticato. Il grande Codice della cultura occidentale entra nel mondo digitale e diventa accessibile per miliardi di persone. Qualcosa di simile accadde con l'invenzione della stampa e ne fummo protagonisti con il Rinascimento italiano. E oggi, quali compiti ci diamo? Faremo solo le fotocopie dei nostri archivi per conto di Google, oppure sapremo creare nuove imprese della transizione digitale, nuovi lavori per archivisti e paleografi, informatici umanisti, economisti della cultura, giuristi dell'open access, organizzatori della conoscenza?

venerdì 15 novembre 2013

Non si può accettare il declino dell'università e degli enti di ricerca

Proposte migliorative per la legge di Stabilità.

Quando si è deciso di chiudere le università meridionali? Forse ho perso una seduta del Parlamento ma non ricordo una legge che abbia preso tale decisione. Eppure molte politiche, più o meno consapevoli, aggravano lo squilibrio nazionale:

a) Il calo delle immatricolazioni dell'ultimo decennio è concentrato per metà al Sud. Nella ripartizione nazionale gli atenei meridionali raccoglievano il 35% delle domande, poco meno di quelli settentrionali attestati al 39%. Oggi il distacco si è triplicato poiché i primi sono diminuiti al 31% mentre i secondi sono saliti al 45%.

b) Gli studenti migliori sono incoraggiati a emigrare poiché il decreto del Fare ha istituito una borsa di studio aggiuntiva a quella ordinaria proprio per chi lascia la propria regione di residenza.

c) Diminuisce il numero dei professori a causa del recente decreto che quasi azzera il turn over al Sud mentre  mantiene in parte o aumenta le cattedre al Nord.

d) I tagli ai finanziamenti si fanno sentire soprattutto al Sud a causa di una malintesa applicazione del così detto fondo premiale.

giovedì 14 novembre 2013

Dialogo con i giovani

Mi diverto in mezzo a questi giovani che incontro nella mozione Civati. E rifletto sulla ricchezza dello scambio generazionale. Ecco l'intervista con il giovanissimo Nicolò Scarano.

venerdì 25 ottobre 2013

Le passioni del PD


Intervento a sostegno della candidatura di Pippo Civati a segretario del PD.

Teatro Vittoria, Roma, 24-10-2013.




mercoledì 23 ottobre 2013

Carte e seconde letture


Il Senato ha approvato in seconda lettura la legge di procedura costituzionale. Non ho partecipato al voto perché ritengo che di questi tempi non si possa toccare la Carta. 

Siamo in una maggioranza di governo che, non essendo maggioranza tra gli elettori, cerca legittimazione tramite revisione costituzionale. Il governo può rendersi utile se prende provvedimenti per rianimare l'economia, può creare lavoro se favorisce un un clima politico adatto alla modifica della legge elettorale. 
Grave errore è invece scaricare i problemi politici sulle istituzioni, come d'altronde si è fatto in passato. Proprio per questo motivo tutte le modifiche costituzionali già apportate si sono rivelate sbagliate, dal federalismo al voto all'estero, passando per il pareggio di bilancio. E i cittadini hanno saputo evitare guai peggiori mobilitandosi nel referendum del 2006 contro la revisione scritta dagli stessi autori del Porcellum. 

Ci vuole "umiltà costituzionale", come dicevo nel discorso tenuto al Senato in occasione della prima lettura. Oggi, insieme a me non hanno partecipato al voto altri quattro senatori: Casson, Amati e Corradino Mineo. Quest'ultimo è intervenuto in dichiarazione di voto con argomenti che condivido pienamente. Il voto favorevole del gruppo PD è stato motivato dal senatore Giorgio Tonini con un discorso che, pur nella differenza di voto, ho apprezzato per l'alta sensibilità costituzionale.


lunedì 21 ottobre 2013

La civetta e la sentinella


Il quotidiano Europa ha messo online ieri la mia postfazione al libro Sulle orme del gambero. Ecco il link per leggere il testo.

lunedì 14 ottobre 2013

Oggi il PD compie sei anni


Oggi, 14 ottobre, è il compleanno del PD. 
Sono passati ormai sei anni da quelle primarie che affidarono a Veltroni il compito di costruire un partito davvero nuovo, come non si era mai visto prima in Italia. Non abbiamo ancora realizzato quell'opera. Oggi, con un piccolo emendamento al nostro simbolo, sulle bandiere scriverei così: PD NON ANCORA. 
Una carenza e nel contempo una promessa. Il nostro è un partito che ha grandi potenzialità rimaste inespresse, e spetterà al prossimo congresso il compito di rimuovere gli ostacoli che finora ci hanno intralciato il cammino.

In "Sulle orme del gambero" ho ricordato così quel momento storico:

Avevamo fondato il Pd per risolvere la transizione italiana, ma l’obiettivo non è stato raggiunto. Con le primarie di Veltroni nel 2007 sembrò davvero possibile. Mi impegnai con entusiasmo nei dibattiti dei circoli di base. Ovunque scoprivo un potenziale enorme da mettere a frutto: a San Basilio, un quartiere popolare romano, il capo della vecchia sezione della Dc ricordava all’anziano compagno del Pci quando gli impediva di attaccare i manifesti ed entrambi ci scherzavano sopra, trovandosi ormai a lavorare insieme; all’assemblea di Donna Olimpia, altro luogo pasoliniano, oltre la metà dei partecipanti erano persone mai entrate prima in una sezione di partito e costringevano tanti vecchi militanti come me a ragionare diversamente dal passato. Nei circoli del Pd, in quel momento, si riscriveva la storia e si preparava l’avvenire. Invece gran parte degli ex-dirigenti di Ds e Margherita continuarono a fare le stesse cose di prima sotto una nuova bandiera. Quel ceto politico cambiò partito per conservare se stesso.

martedì 1 ottobre 2013

Presentazione Sulle orme del gambero - 21 Ottobre a Roma

Vi invito alla presentazione del mio libro Sulle orme del gambero - Ragioni e passioni della sinistra, che si terrà a Roma il 21 Ottobre prossimo. L'appuntamento è per le 17.30 nella Sala della Protomoteca (Piazza del Campidoglio 55).

Insieme al sottoscritto e all'editore, interverranno Fabrizio BarcaPaolo Gentiloni Stefano Rodotà.

Potete intanto leggere la premessa e l'indice del libro.

Vi aspetto!



sabato 28 settembre 2013

La premessa del gambero

Riporto qui sul blog la premessa introduttiva al mio libro Sulle orme del gambero, in cui volgo lo sguardo alle generazioni del passato e a quelle del futuro, cercando un filo comune e una comune idea di sinistra. A seguire l'indice dei contenuti.






Premessa generazionale

Se avessi vent’anni, oggi, andrei in piazza. Passerei le mie giornate a organizzare le lotte popolari. Così facevo del resto all’epoca dei miei vent’anni. Poi, insieme a tanti della mia generazione, ci siamo imborghesiti e oggi ci sembrerebbe demodé ripercorrere le gesta giovanili. Eppure non mancherebbero i motivi e le necessità. Il modo in cui il mondo si è trasformato non piace a molti di noi, di certo a chi non ha venduto l’anima; eppure non possiamo dirlo con certezza perché in parte ne portiamo la responsabilità. E lo vediamo negli occhi dei giovani di oggi, in modo ancora più lancinante in quelli dei nostri figli, quando ci guardano con l’animo sospeso di chi vorrebbe almeno una spiegazione dell’insuccesso. Ma spiegarlo è quasi più difficile che viverlo.


giovedì 26 settembre 2013

Sulle orme del gambero

Di seguito la scheda del libro su cui ho lavorato negli ultimi mesi. Si intitola Sulle orme del gambero - Ragioni e passioni della sinistra. Analisi delle sconfitte di una generazione passata, per tornare alle vittorie future. Lo trovate già oggi in libreria, edito da Donzelli. 








La sinistra poteva cambiare il paese e non c’è riuscita.
Bisogna raccontare
la storia a ritroso per capire le cause vicine e lontane
dell’insuccesso della nostra generazione. Bisogna andare
indietro sulle orme del gambero per scovare sotto
le pietre le cause delle sconfitte.




«La sinistra poteva cambiare il paese e non c’è riuscita. Abbiamo avuto la grande occasione della nostra vita politica e l’abbiamo mancata. Bisogna raccontare la storia a ritroso per capire le cause vicine e lontane dell’insuccesso della nostra generazione. Bisogna andare indietro sulle orme del gambero per scovare sotto le pietre le cause delle sconfitte. Solo così si prendono le decisioni che ribaltano le pietre. C’è un riconoscimento da elaborare, prima di tornare a vincere».


Il 19 aprile 2013 è la data che ha segnato il collasso della classe dirigente di centrosinistra in occasione delle elezioni per il presidente della Repubblica. Da quel punto – ancora dolente – prende le mosse questo libro, scritto con dichiarata passione militante: una storia al contrario, sulle orme del gambero, per cercare nel passato vicino e lontano le ragioni degli affanni di oggi. Con l’obiettivo di trovare nuove energie nella lotta. Con la volontà di tornare a vincere. Lo sguardo sulla vicenda della sinistra italiana è severo e autocritico: la speranza è che i giovani militanti della sinistra sappiano fare meglio della generazione che ancora si trova nelle postazioni di comando, pur avendo subito pesanti sconfitte. Di queste si cerca la radice nelle diverse tradizioni culturali della sinistra italiana e in particolare in quella comunista, per la quale si risale fino agli anni sessanta. Non aver superato criticamente tutte le tradizioni, non aver saputo prendere il meglio lasciando cadere le zavorre, ha appesantito il bagaglio. Si è persa così la grande occasione dell’Ulivo che poteva diventare la forza vincente e plurale. E non si è saputo impedire che un personaggio inaudito prendesse la guida del paese portandolo fuori strada. E tuttavia non sono stati solo limiti soggettivi. Si è dovuto combattere, nel frattempo, contro un ciclo della storia mondiale che ha conosciuto il grande Inganno del cosiddetto «trentennio liberista»; e l’Inganno è destinato a durare ancora, fino a quando non sorgerà un’alternativa politica, un nuovo pensiero, una positiva critica di civiltà. Provare a vedere il mondo a rovescio, esercitandosi a ribaltare le politiche dominanti, è l’unica postura che consente di progettare le vere riforme, quelle che cambiano la vita delle persone. Per fare le riforme, però, occorre trovare l’energia nelle forze vive della società. Non è vero che viviamo un tempo senza domanda di politica; le energie nuove sono tante, solo che si muovono in forme diverse dal passato. Ci vuole uno sguardo nuovo per incontrarle. E invece, spesso si classifica come antipolitica tutto ciò che non rientra nelle vecchie categorie; si continua a inveire contro il populismo dimenticando che il problema principale della sinistra è proprio aver perduto il contatto col popolo. Il politico appassionato, il militante di lungo corso della sinistra, si confronta così con le domande di senso, coi temi teorici che l’esperienza sollecita e impone: in una sorta di continua tensione tra la civetta hegeliana che si alza in volo per comprendere ciò che è già stato e la sentinella di Isaia che deve ancora annunciare la fine della notte.

sabato 20 luglio 2013

Maledetta subalternità


Le parole che seguono sono state pubblicate oggi sull’Unità, e sono gli argomenti che avrei voluto portare al dibattito del Gruppo dei senatori. Mi ero iscritto a parlare, ma la discussione è stata troncata prima che arrivasse il mio turno. Rimane perciò una dichiarazione non pronunciata di non voto contro le mozioni di sfiducia ad Alfano - una contorta serie di negazioni che tuttavia spero possano portare a qualcosa di positivo.

Siamo il primo partito della coalizione, ma abbiamo scarsa consapevolezza della forza e del ruolo che ci competono. Altrimenti avremmo ottenuto la revoca della delega al Ministro dell'Interno. La sua rinuncia avrebbe rafforzato il governo, mentre la sua permanenza nell'incarico sarà fonte di instabilità, di ricatti e di ulteriori passaggi traumatici. È uno dei più gravi episodi della storia repubblicana. Mai si erano intrecciate in un solo episodio tante cattive notizie: uno smacco all'immagine internazionale, proprio su quella garanzia dei diritti umani che dovrebbe essere sacra in democrazia; evidenti bugie raccontate con iattanza da un ministro al Parlamento; il meschino tentativo di un politico di salvare se stesso incolpando le forze dell'ordine. Avremmo dovuto chiedere la revoca della delega prima che il ministro venisse in Parlamento, senza lasciare la decisione al buon cuore dell'interessato e del suo partito.

sabato 13 luglio 2013

Precisazione

La proposta Mucchetti è la tanto attesa norma sul conflitto di interesse. Se dovesse essere approvata, deciderebbe una volta per tutte che Berlusconi in quanto proprietario di Mediaset è incompatibile con il Parlamento. Infatti il PDL ha reagito con la consueta eleganza, parlando di esproprio proletario e minacciando le barricate.

L'equivoco è nato dall'idea che questo ddl potesse bloccare il procedimento in corso sull'ineleggibilità e quello sull'interdizione dai pubblici uffici. Tutto ciò non è nelle nostre intenzioni e non sarebbe neppure possibile tecnicamente. La commissione preposta nelle prossime settimane porterà in aula la questione di ineleggibilità ai sensi della legge del '57 che rimane vigente per questa legislatura. Quindi nell'immediato non cambia nulla e nel futuro, se la proposta fosse approvata, analoghe situazioni verrebbero valutate con norme scevre da incertezze interpretative e molto più severe nella casistica poiché riguarderebbero anche gli azionisti non totalitari. 

Ho firmato perché mi sembrava positivo che il PD, pur essendo impegnato nella coalizione di governo, ribadisse la sua volontà di colpire i conflitti di interesse. Era una buona notizia. Però se dicessi che è stata comunicata bene non sarei sincero. Capisco quindi gli interrogativi dei nostri elettori. Mi impegnerò a fare chiarezza.

Per ora, è bene che il significato autentico della questione tagli in profondità la cortina di equivoci - alcuni in buona fede, altri meno - che hanno portato alla confusione delle ultime ore: questo ddl non ha nulla a che fare con la decisione attuale da prendersi su Berlusconi, non può e non vuole intralciarla; è una misura studiata mesi fa. 
Si tratta di una proposta di coerenza, pur trovandoci in coalizione con il PDL, e soprattutto rivolta al futuro - per far sì che dalle prossime legislature vengano bloccate sul nascere candidature ambigue. Sperando di prevenire gli errori del passato.

mercoledì 10 luglio 2013

L'umiltà costituzionale


Discorso pronunciato in Senato il 9 Luglio 2013 per motivare il voto di astensione sulla legge di modifica dell'articolo 138 della Costituzione.

Signor presidente, colleghi senatori, se dovessi risultare sgradevole sappiate che non è mia intenzione. Vorrei ribaltare un famoso incipit dicendo che tutto fuorché la cortesia mi porta contro questa proposta di legge. Il mio dissenso comincia nel titolo, si alimenta nel testo e diventa totale sull’idea stessa di toccare la Costituzione. Per rispetto del mio partito non voto contro, ma nel rispetto dell’articolo 67 della Costituzione non posso votare a favore. D’altronde c’è già troppo unanimismo: si diffondono luoghi comuni che suonano veri solo perché vengono ripetuti con sicumera dall'inizio del dibattito trent’anni fa. Alcuni giovani parlamentari andavano ancora all’asilo, il mondo è cambiato, ma l’agenda è rimasta sempre la stessa. L’entusiasmo iniziale delle Bicamerali si è tramutato in una vera ossessione a modificare le istituzioni, una malattia solo italiana che non trova paragoni in nessun altro paese occidentale. È difficile credere che la nostra Carta sia tanto più difettosa delle altre da meritare questo accanimento terapeutico. È più probabile che il malanno dipenda dagli improbabili costituenti. Siamo chiamati a dichiarare che la revisione della Costituzione è oggi una suprema esigenza nazionale. 
Mi chiedo, perché? Per cosa? E in nome di chi?

mercoledì 19 giugno 2013

Cambiare con la Costituzione - Invito al seminario

Vorrei invitarvi a questo seminario promosso da un gruppo di parlamentari sulla questione costituzionale. Ci muove la preoccupazione che il procedimento di revisione possa portare a soluzioni sbagliate o dannose. A cambiare devono essere i partiti. La Carta, invece, va prima di tutto rispettata e attuata.


Cambiare con la Costituzione - seminario sulla questione costituzionale

Relazioni di  Luigi Ferrajoli, Giovanni Bachelet
Renato Balduzzi, Ida Dominijanni, Carlo Galli.

Martedì 25 giugno ore 19.00, Sala Capranichetta, 
piazza Montecitorio 125 


Alcuni di noi hanno espresso molti dubbi sul percorso di riforma costituzionale appena avviato. Dubbi sul metodo che, a nostro avviso, rappresenta un oggettiva anomalia rispetto alle procedure indicate dall'art. 138 della Costituzione. Non ci convince poi l’ampiezza del mandato che prefigura un progetto di riforma complessiva, anziché puntali e circoscritti interventi sui singoli punti critici della seconda parte della Carta. Un approccio che di fatto evoca un potere costituente, invece che un più legittimo potere di riforma costituzionale, che verrebbe esercitato da un Parlamento non eletto con questa finalità.

Seminario sul finanziamento dei partiti

Vorrei invitarvi a partecipare al seminario di studio sul tema: 

"Finanziamento dei partiti: lo scettro al cittadino",

promosso dai senatori Paolo Corsini, Massimo Mucchetti, Walter Tocci e dai deputati Pippo Civati, Marianna Madia.


Sarà l'occasione per discutere la nostra proposta di legge. Faremo tesoro di osservazioni e critiche per la stesura finale del testo, prima di presentarlo alla Camera e al Senato. Sentiamo l'esigenza, infatti, di un'ampia consultazione su una questione ormai dirimente per ricostruire la fiducia dei cittadini verso i partiti.   

lunedì 17 giugno 2013

Ascoltando i giovani di OccupyPD



Mi sono proprio divertito all'assemblea di OccupyPD a Bologna. Un modo intelligente di discutere: nei gruppi di lavoro sono stati approfonditi diversi argomenti, poi portati a sintesi per fasi successive nell'assemblea plenaria. Tutti i partecipanti hanno preso la parola e la discussione ha elaborato precise proposte per costruire un partito aperto e creativo. In due parole si potrebbero riassumere così: le primarie non solo di domenica, anche nei giorni feriali; non solo per votare qualche volta i candidati ma per partecipare tutti i giorni alle decisioni; non solo per acclamare il leader di turno, ma per far contare la forza di milioni di cittadini.


mercoledì 5 giugno 2013

Cambiare il PD, non la Costituzione


Intervento alla Direzione Nazionale del PD del 4 Giugno 2013.

Fare pace con la realtà è il primo compito del PD. Circa la metà del popolo italiano rifiuta o disprezza la classe politica. È un sommovimento dell'opinione pubblica senza precedenti nella storia repubblicana. Si sciolgono come neve al sole le appartenenze ideologiche che avevano resistito al passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica. Milioni d cittadini cercano nuovi riferimenti politici ma non li trovano.
Come se non fosse successo niente dal PD arriva un segnale piatto. Le parole, le incertezze e gli errori sono quelli di sempre. Nella relazione di Epifani non trovo risposte ad un sommovimento di tale portata storica.

Non annunciamo una buona notizia dai tempi delle primarie. Continuiamo a ripetere stancamente diagnosi e terapie di venti anni fa. Ci siamo uniti al PDL per dire che la crisi politica non dipende dai partiti ma dalle istituzioni. Abbiamo statalizzato la responsabilità della politica. La figuraccia per il Quirinale è stata attribuita alle regole per l'elezione, con le quali però in passato sono stati scelti presidenti come Einaudi e Pertini. L'ossessione di cambiare le regole con la promessa di riformare la politica dura ormai da venti anni. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: sono peggiorati sia lo Stato sia i partiti; mai erano giunti tanto in basso nella stima dei cittadini.
Ogni volta che abbiamo modificato la Costituzione ci abbiamo dovuto ripensare: dal Titolo V, allo ius sanguinis del voto all'estero, al pareggio di bilancio che a un anno di distanza già vorremmo derogare. Guai peggiori sono stati evitati per merito degli elettori che nel 2006 bocciarono la legge costituzionale scritta dagli stessi autori del Porcellum. L'unico baluardo è venuto dai presidenti di garanzia come Scalfaro, Ciampi e Napolitano. Mi sconcerta la leggerezza con la quale si ritiene possibile demolire questo ultimo bastione e aprire la strada del Quirinale ai più forti populismi che ci siano in Europa. Due comici nel nostro paese hanno raggiunto quasi il 50% dei voti, non scherziamo col fuoco.

giovedì 30 maggio 2013

Diamo ai cittadini le scelte di finanziamento dei partiti


La riforma del finanziamento dei partiti è un passaggio ineludibile per migliorare la credibilità della politica. L’unica via che può legittimare un contributo pubblico è il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte di finanziamento. Ed è possibile solo se viene assicurata la massima trasparenza sull’utilizzo delle risorse e sui rapporti con i poteri economici e mediatici. 

La proposta che abbiamo elaborato in un gruppo di lavoro composto da deputati e senatori del PD individua tre strumenti: contributo pari all’uno per mille del gettito Irpef da ripartire secondo le indicazioni dei contribuenti; credito d’imposta per le libere donazioni private; rimborso parziale delle spese elettorali effettivamente sostenute. Per rendere credibile quest’ultimo aspetto della proposta il PD dovrebbe rinunciare volontariamente alla parte di rimborsi elettorali non spesi per la campagna elettorale 2013. Sono escluse, quindi, tutte le forme di finanziamento diretto dello Stato che non siano legittimate dalla scelta dei cittadini.

Pur trattandosi di un testo normativo compiuto, è una proposta aperta che ha lo scopo di promuovere una discussione e un confronto con altre ipotesi possibili. Organizzeremo un seminario di discussione invitando esperti del settore e tutti i soggetti interessati all’argomento. Solo dopo aver acquisito pareri ed eventuali critiche trarremo le conclusioni scrivendo un testo definitivo e lo depositeremo alla Camera e al Senato. Abbiamo anche inviato la proposta al Presidente Letta apprezzando la sua volontà di procedere rapidamente alla riforma.

Infine, una considerazione che ci riguarda. I meccanismi previsti nel disegno di legge aiuterebbero la nostra organizzazione a ritrovare un rapporto stretto con i propri elettori, non solo per ottenere le risorse economiche, ma per rafforzare la partecipazione politica. Nessuna di queste norme potrebbe funzionare se rimanesse l’attuale organizzazione. La proposta implica un nuovo PD centrato sul popolo delle primarie, capace cioè di mettere a frutto giorno per giorno la disponibilità di milioni di elettori coinvolgendoli nelle decisioni e nell’ampliamento dei consensi. Da questo assunto discendono scelte radicalmente diverse nell’uso delle tecnologie, nelle modalità di comunicazione, nel rapporto centro-periferia, nella relazione tra eletti ed elettori.
Non si tratta solo di norme di finanziamento. Chiedere ai cittadini il sostegno significa renderli protagonisti dell’azione politica. È compito del partito che ha deciso di chiamarsi democratico.

mercoledì 29 maggio 2013

Siamo in tanti con i dubbi sulla revisione costituzionale


Dei miei dubbi sulla revisione costituzionale ho discusso ovviamente con i colleghi parlamentari. All'inizio con qualche titubanza, perché temevo di trovarmi isolato nella critica, ma poi mentre parlavo con uno si avvicinava un altro e a poco a poco ho scoperto che siamo proprio in tanti a non accettare che si metta mano con tanta leggerezza alla nostra bella Costituzione. 
Ho proposto a due colleghi di scrivere un testo per rappresentare la posizione comune che poi ciascuno di noi avrebbe interpretato a suo modo nel voto: a favore o contro oppure come me non partecipando. Col documento in mano ho saltellato sui banchi del Senato per tutto il pomeriggio, mentre mi tenevo in contatto con i colleghi della Camera, per raccogliere le adesioni. Sono proprio contento del risultato finale. Il documento indica tutte le cose che non vanno nella mozione, i rischi che bisogna evitare, i moniti ai nostri rappresentanti nelle commissioni. Che a firmarlo siano stati alla fine una cinquantina di parlamentari del PD è una garanzia per tutti. Ci sarà un'attenta vigilanza sui passaggi successivi e vi terremo informati. Riporto di seguito il testo del documento.

Dubbi sulla revisione costituzionale


Discorso pronunciato all'assemblea dei Senatori del 28 Maggio 2013.

Sono trent’anni che parliamo di riforme istituzionali. È cambiato il mondo ma l’agenda è rimasta sempre la stessa. L’elenco delle cose da fare si è sfilacciato e rimpicciolito, ma campeggia in tutti i programmi di governo. Certo, non c’è più l’entusiasmo iniziale delle tante Bicamerali. In compenso si è tramutato in ossessione.

Il dato saliente del trentennio è il fallimento dei partiti, dei vecchi e dei nuovi, della Prima e della Seconda Repubblica. La classe politica, però, ha oscurato questa causa della crisi di governabilità e l’ha attribuita alle istituzioni. È riuscita con una sorta di transfert psicanalitico a spostare il proprio trauma sulla forma dello Stato. Ha rimosso la propria responsabilità per attribuirla alle regole. In nessun altro paese europeo si è manifestata una simile ossessione, per il semplice motivo che i partiti, pur in difficoltà per ragioni generali, non hanno mai perduto la legittimazione.
Se non si decide, non è colpa mia ma dello Stato che non funziona. Questo è il motto del politico, a tutti i livelli, dal governo nazionale all’ultimo dei municipi. Di questo alibi è riuscito a convincere i giornalisti e i politologi – grandi esperti di semplificazioni – e tramite loro l’intera opinione pubblica. Quando la politica è in crisi non perde affatto la capacità di convincimento del popolo, bensì si ritrova ad applicarla alle divagazioni invece che ai problemi reali.

lunedì 27 maggio 2013

Proposte aggiornate per una riforma del Parlamento


Questo qui sotto è un articolo scritto per il sito Tam Tàm Democratico, in cui rielaboro e sistemo le mie proposte per una riforma del Parlamento. Le proposte originali le trovate in questo post dello scorso Dicembre. 

*
In Italia si approvano troppe leggi. Eppure è di moda sostenere che bisogna velocizzare l’attività parlamentare. È uno dei tanti luoghi comuni che sviano il dibattito pubblico. L’attività legislativa è stata piegata ad esigenze di autorappresentazione del potere politico, prescindendo da concrete esigenze di regolazione della vita pubblica. Legifero, ergo sum è il motto del politico mediatico.
Questa riduzione della politica alla legislazione ha reso quasi ingestibile la macchina statale. Ci sono le “leggi manifesto”, ad esempio molte leggi sulla sicurezza o sulla corruzione scritte sull'onda di eventi drammatici si rivelano successivamente insensati appesantimenti burocratici. Ci sono poi le leggi ideologiche che spesso finiscono per arenarsi nel contenzioso costituzionale, come nei casi delle ronde o della procreazione assistita. Ci sono le leggi bugiarde che dicono una cosa positiva per nascondere quella negativa facendo conto sulla confusione mediatica, come la legge Gelmini che prometteva più competizione tra gli atenei mentre li soffocava con la burocrazia. Ci sono le leggi approvate per calmare i mercati, che si sono sempre risolte con il peggioramento del debito, come dimostrano tutte le finanziarie di Tremonti.

giovedì 23 maggio 2013

Dal Senato una buona notizia per la Ricerca


Buone nuove dalla Commissione Cultura del Senato. Nella giornata di ieri abbiamo approvato un documento di indirizzo al governo che propone una svolta: 

- basta con i tagli alla ricerca

- riaprire le porte ai giovani ricercatori

- meno burocrazia e più qualità

lunedì 13 maggio 2013

Discorso non pronunciato all'Assemblea del PD


Riporto qui il discorso non pronunciato, causa chiusura della discussione, all’assemblea nazionale del PD dell'11 Maggio 2013.
Il testo è stato pubblicato anche su
Il Manifesto di ieri, 12 Maggio.

martedì 7 maggio 2013

Sinistra senza popolo


Vi propongo qui di seguito un lungo (lunghissimo) saggio che ho scritto in forma di relazione all'assemblea del CRS. Prendendo spunto dalle riflessioni di questi giorni, alcune delle quali già espresse nei post precedenti, ho cercato di leggere la crisi della sinistra italiana, e le possibili soluzioni, attraverso la rielaborazione del concetto di popolo.


lunedì 29 aprile 2013

Viva la sincerità


Testo del mio intervento all'assemblea dei senatori PD del giorno 29 Aprile 2013.


C’è un paradosso. Abbiamo successo in virtù dei nostri demeriti. Abbiamo fatto il governo a causa di uno sbaglio. Oppure abbiamo sbagliato per fare il governo. Rimane il dubbio che i 101 non fossero scavezzacolli indisciplinati ma lucidi strateghi che volevano fare il contrario di quanto avevamo raccontato agli elettori prima e dopo il voto.
Già avevamo ottenuto il premio di maggioranza con una campagna elettorale sbagliata. Come ha detto il presidente Napolitano, quel premio lo abbiamo sprecato; forse proprio perché non lo avevamo meritato. Vincere per demerito può avere effetti devastanti se nell’euforia si dimenticano i propri difetti, ma può essere una fortuna se si dimostra di saper cambiare se stessi. Dovremmo farlo in tre direzioni: servizio per il Paese, sincerità tra noi, apertura verso gli altri. 



giovedì 25 aprile 2013

Perché abbiamo sbagliato.
Quattro riflessioni sincere (e provvisorie)


Il seguente articolo è stato pubblicato il 24 Aprile sul sito Globalist.it


È tempo di dirci la verità sulla sconfitta per il Quirinale. Al di là della girandola di nomi, dei tradimenti occulti e dei dissensi dichiarati, c'è un nocciolo politico che va portato alla luce. L'elezione del Presidente era l'occasione per dare un segnale di coesione nazionale, e su questo siamo tutti d'accordo. Ma per realizzare un tale nobile proposito occorreva scegliere tra due diverse strade.

1. La prima strada era l'accordo istituzionale tra il Pd e il Pdl: è l'ipotesi prevalsa tra i dirigenti, ma non tra i nostri elettori. Questi ultimi non hanno dimenticato che solo tre mesi fa Berlusconi stracciò impunemente un accordo simile, come suo costume da vent'anni, schierandosi all'opposizione e lasciandoci col cerino in mano di fronte agli elettori. Eppure è stato rapidamente perdonato dai nostri, dagli opinion leader e dallo stesso Monti che ne è stato la vittima suprema. Un curioso caso di masochismo dell'establishment.
La candidatura di Marini al Quirinale, come egli stesso ha onestamente riconosciuto, era connessa ad un accordo “a bassa densità” col Pdl per il governo, cioè a una versione camuffata del governissimo che fino a poche ore prima era stato rifiutato sdegnosamente dai nostri dirigenti.


sabato 20 aprile 2013

Tre voti, due strade, un racconto


Nel momento più difficile si poteva dare alla Repubblica un nuovo Presidente di alto profilo. Stefano Rodotà aveva la credibilità per ricostruire la fiducia nelle istituzioni. Non è un candidato di parte, è una personalità che ha sempre avuto a cuore la garanzia dei diritti di tutti e la sovranità della Legge contro qualsiasi sopruso. Sarebbe stata una novità che avrebbe sbloccato la situazione politica. In breve tempo si sarebbe potuto formare quel governo di cambiamento che abbiamo inutilmente cercato in questi due mesi. Il mio voto stamane non è mancato, e ho sperato che si potesse realizzare un'ampia convergenza per la sua elezione. 




giovedì 18 aprile 2013

La franchezza del tiratore


I franchi tiratori hanno una cattiva fama. Eppure, hanno sempre curato il bene della Repubblica. Per merito loro sono stati eletti i migliori presidenti. Oscar Luigi Scalfaro fu eletto dopo aver impantanato la candidatura Forlani. Il grande Luigi Einaudi fu eletto contro il conte Sforza che aveva già scritto il discorso di investitura. La regola è confermata anche al contrario. Senza franchi tiratori, alla prima votazione, al Quirinale andò Cossiga che poi divenne il Picconatore delle istituzioni repubblicane.

In quel geniale partito che era la DC - bisogna riconoscerlo – i franchi tiratori svolgevano una funzione moderatrice, di equilibrio e di saggezza, contro le decisioni rigide delle segreterie dei partiti. Almeno per una riconoscenza storica, quindi non bisognerebbe più chiamarli franchi tiratori bensì i saggi grandi elettori.
D’altronde, l’elezione del Presidente è forse il momento più creativo della vita parlamentare, è l’occasione dell’invenzione politica che nasce da imprevedibili decisioni dei rappresentanti del popolo. Compito dei dirigenti di partito in tali passaggi è niente di più e niente di meno che convincere i parlamentari. Non si può dire che stavolta ce l’avete messa tutta, lo dico a Bersani con la stima che gli porto da sempre. Sinceramente, non mi avete convinto.


sabato 13 aprile 2013

Non più, non ancora. Proposte per Quirinale e governo


Non viviamo tempi normali. Almeno su questo ci dovrebbe essere ampio accordo tra noi. Il vecchio mondo è ormai esaurito e il nuovo non sappiamo come sarà. Il momento sospeso tra il non più e il non ancora è il più adatto a dare un nuovo senso delle cose.
Le elezioni hanno certificato la fine della Seconda Repubblica: i due poli hanno perso quasi dieci milioni di voti; le ricette economiche mainstream suscitano la rivolta di imprenditori, lavoratori e disoccupati; la promessa di riforma istituzionale ha prodotto finora solo disordine nello Stato. Il 24 Febbraio abbiamo avuto l’occasione di uscire a sinistra dalla crisi. Abbiamo mancato clamorosamente l’obiettivo.
Il sistema politico è come un macigno che dopo essere rotolato nel pendio della montagna si è fermato in bilico su un crepaccio. Sono possibili solo due iniziative. O lo riportiamo a monte mettendolo in sicurezza o lo facciamo cadere e cerchiamo un’altra pietra angolare su cui edificare la Terza Repubblica. Non si può rimanere a guardare il macigno, come abbiamo fatto in questo mese con la linea mediana che non graffia all’esterno e non è neppure condivisa pienamente all’interno. Anzi, un chiarimento sincero sarebbe salutare.


sabato 6 aprile 2013

Bolle di mattone. Prefazione al libro di Mario De Gaspari


Chi apre queste pagine ha in mano un libro prezioso. Il suo valore dipende non solo dalla qualità dell'analisi ma dal fatto che è raro poterla leggere in un testo rigoroso come questo. E' davvero povera la letteratura sulla rendita immobiliare, non solo nella ricerca teorica, ma nella pubblicistica corrente e ancor di più nel dibattito politico. Eppure, Mario De Gaspari dimostra che è la chiave analitica più efficace per comprendere l'incubazione della Grande Crisi, le attuali difficoltà ad uscirne, il ruolo inedito e perverso del sistema creditizio e soprattutto l'impatto di tutti questi fenomeni sulla decadenza italiana. 


venerdì 5 aprile 2013

Discorso al Senato sul decreto per Roma capitale


Signor Presidente, colleghi senatori, sono possibili tre piani di lettura del decreto per Roma Capitale: quello tecnico, quello dei cittadini e quello storico.
In ordine al primo, il Governo ha presentato delle argomentazioni ragionevoli a sostegno di alcune modifiche apportate al testo già approvato dalla Commissione Bicamerale. Quindi, a nome del PD, dichiaro il voto favorevole alla ratifica della proposta governativa. Siamo disponibili a votare su una breve risoluzione unitaria e a tal fine ritiriamo il nostro testo, nel quale il giudizio favorevole era accompagnato da alcuni commenti che comunque svilupperò nel mio breve discorso. Rimane solo il dubbio, signor Ministro: perché il Governo tecnico non ha avuto la perizia tecnica di sottoporre a suo tempo alla Commissione Bicamerale le sue osservazioni? Ci saremmo risparmiati questo passaggio parlamentare.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, ho sentito la Lega scatenarsi contro il provvedimento. Forse hanno dimenticato che queste norme sono figlie dell'accordo del 2008 tra Alemanno, Polverini e Bossi. A Roma è conosciuto come «l'accordo della pajata» (Applausi dal Gruppo PD) perché suggellato da un ridicolo evento gastronomico davanti a Palazzo Montecitorio. L’accordo conteneva la scelta, a mio avviso sciagurata, di cancellare gli investimenti che venivano dalla vecchia legge 396-1990 per spostare tutte risorse solo sulla spesa corrente, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Dopo cinque anni, infatti, l'effetto di tutto questo apparato normativo è stato soltanto il cambiamento della carta intestata del Comune; sulle automobili dei vigili urbani non c'è più scritto «Comune di Roma» ma «Roma Capitale». I cittadini non hanno visto altro miglioramento che questo. (Applausi dai Gruppi PD e SCpI).

mercoledì 3 aprile 2013

In ricordo di Ugo Vetere


Il primo ricordo che mi assale è Ugo col braccio ingessato in visita nelle fabbriche della Tiburtina colpite dall’alluvione del 1984. Mi sembra ancora di vederlo che cammina in mezzo ai capannoni distrutti, senza paura di scivolare, con la sicurezza e l’entusiasmo di sempre, pronto a dare ai funzionari istruzioni perentorie per l’emergenza, caloroso nell’alleviare la disperazione di imprenditori e lavoratori, autorevole nel far sentire che la città intera era al loro fianco. E anch’io, giovane presidente del V municipio, mi sentivo rincuorato dalla sua presenza, non solo perché era il sindaco, ma anche perché era Ugo, il compagno generoso sempre disponibile ad aiutare gli altri, il caro maestro della nostra generazione. Ha insegnato l’arte del buongoverno a migliaia di giovani amministratori. Pochi come lui sapevano spiegare come funziona un bilancio comunale e come si deve usare l’amministrazione per rispondere ai bisogni popolari. Averlo accanto mi ha sempre dato sicurezza, anche negli ultimi tempi, quando veniva a trovarmi nella stanza di vicesindaco per portarmi i suoi consigli sui problemi della città, per segnalarmi le cose che andavano migliorate, con la delicatezza e l’affetto di un padre. Così vorrei ricordarlo, se me lo consentono i figli Chiara, Elisabetta, Guido e la compagna della sua vita, la cara Germana.

lunedì 11 marzo 2013

Il costo della dignità, la dignità dei costi

Gli emolumenti dei parlamentari si possono più che dimezzare. Dobbiamo cancellare la parola privilegio dal dibattito politico. Alla prima assemblea dei parlamentari del PD che si è tenuta oggi ho presentato proposte concrete per restituire dignità agli eletti del popolo. Ecco il video del mio intervento, e il testo a seguire.






mercoledì 6 marzo 2013

Intervento alla Direzione Nazionale del PD

Elaborando ulteriormente alcuni degli spunti del mio ultimo post, ecco il video e a seguire il testo dell'intervento che ho fatto oggi alla Direzione Nazionale del Partito Democratico, con analisi e proposte.


 



Ex Malo Bonum - Riflessioni post-voto


Sono passati pochi giorni dalla tornata elettorale che ha sancito la mia elezione a senatore per la XVII legislatura ma che ci ha lasciato nella difficile situazione che tutti conoscete. Seguono alcune considerazioni sul momento che stiamo vivendo.

Trarre il bene da male è un'antica virtù italiana. Oggi ne abbiamo tanto bisogno. E allora cominciamo a vedere gli aspetti positivi di una situazione davvero difficile. Mettiamola così:
  • per la prima volta c'è in Parlamento un'ampia maggioranza numerica per fare una legge sul conflitto d'interessi. 
  • è possibile cancellare privilegi per restituire l'onore alla figura del parlamentare e dare centralità al Parlamento come luogo di espressione della sovranità parlamentare. 
  • è tempo di archiviare definitivamente il Porcellum e approvare una nuova legge elettorale.
  • è l'occasione per rileggere la Costituzione e applicarla alla lettera in tutti i passaggi politico-parlamentari dei prossimi mesi.
  • è urgente creare occasioni di lavoro per i giovani e proteggere i redditi di quelli che lo perdono.
  • è un dovere restituire il mal tolto nei finanziamenti per la scuola, l'università e la ricerca. 
Per tutto ciò mi batterò come senatore appena eletto nella XVII legislatura. Questi e altri obiettivi sono alla portata di un governo del PD con la collaborazione del movimento Cinque Stelle. Ne sarebbero contenti sia i nostri sia i loro elettori. E poi fra un anno si tornerà a votare per dare un governo stabile al Paese.

Per noi del PD questo periodo dovrà essere speso anche a fare una seria autocritica sugli errori compiuti nella campagna elettorale e negli anni precedenti. In modo da presentare alle prossime elezioni una rinnovata classe dirigente e un programma di grande riforma del Paese.

venerdì 15 febbraio 2013

Dieci parole per l'ingegno italiano

Intervento alla manifestazione +Sapere=Sviluppo organizzata da LEFT a Roma, Teatro Piccolo Eliseo, 12 febbraio 2013

Le parole che usiamo per la riforma dell'Università e degli Enti di ricerca sono le stesse che indicano il cambiamento del Paese in senso più generale. Anche nel linguaggio la cultura è legata al futuro italiano. La politica del sapere, infatti, non è uno dei tanti capitoli del programma di governo, ma è la visione che spiega e rende credibile il progetto per l'Italia Giusta che vogliamo.

GIOVENTÙ è la linfa vitale che il Paese non deve più sprecare. C'è un paradosso da ribaltare: a perdere i giovani oggi sono proprio le istituzioni preposte alla cura della gioventù. Li perdono presto con alti tassi di abbandono scolastico, poi meno immatricolati all'università e i ricercatori costretti a lasciare o il Paese o la passione della ricerca.
Restituire ai giovani la fiducia negli studi significa restituire agli italiani la fiducia nell'Italia. La Destra voleva far capire in tanti modi che è inutile studiare. Dopo la vittoria, invece, noi faremo un discorso nuovo ai giovani. Questo è il vostro Paese e il governo vuole aiutarvi a cambiarlo. Nell'unico modo possibile al giorno d'oggi, con la crescita della conoscenza, tenendo le scuole aperte giorno e sera, riaprendo le porte dell'Università e degli Enti.



Solo chi stima le istituzioni del sapere può riformarle


Per cambiare il Paese abbiamo bisogno di prestigiose Istituzioni universitarie e di forti Enti di ricerca. Può farne a meno solo chi vuole conservare l'esistente.

Lo dimostra la destra che ha mortificato il sapere provocando un impoverimento produttivo, sociale e civile. I conservatori hanno aiutato per la discesa il Paese assecondando la debolezza dell'attuale struttura economica che domanda poca conoscenza e proprio per questo motivo perde posizioni nella competitività internazionale. Purtroppo il governo tecnico ha addirittura aggravato i tagli alla ricerca. Il ministro Profumo è caduto dal pero dicendo che essi condurranno "in default più di metà degli atenei".

Colpisce anche la pochezza dell'agenda Monti che riserva all'argomento solo frasi retoriche, non indica alcun provvedimento concreto e scivola anche su imprecisioni tecniche (cita le facoltà ormai cancellate dalla legge). Sono sintomi di uno scarso interesse riformatore.

Questi atteggiamenti negativi o superficiali in Germania avrebbero sollevato la critica del mondo produttivo e dell'intera classe dirigente ben consapevole di quanto la fortuna del loro paese dipenda dall'investimento in conoscenza.

Solo in Italia è potuto accadere che le istituzioni di studio e ricerca venissero denigrate dai governi, dai media e da settori rilevanti dell'establishment. Sono state prese a pretesto le malefatte di pochi per riversare fango su tutti con l'unico scopo di giustificare tagli lineari e nuove leggi che, sotto la retorica del merito, hanno solo appesantito la burocrazia. Tutto ciò ha finito per avvantaggiare chi fa peggio e ha messo i bastoni fra le ruote ai migliori professori e ai ricercatori più appassionati.

Gli effetti sono devastanti e cominciano a convincere la gioventù italiana ad abbandonare il sapere. Mai prima di oggi si era verificato contemporaneamente un calo delle immatricolazioni all'università e un vero e proprio esodo di ricercatori verso l'estero. Molti giovani ormai perdono la fiducia nella laurea perché sembra non offrire più prospettive sicure, altri sono costretti a rinunciare alla passione per la ricerca, altri ancora per conservare quella passione lasciano il Paese e molti abbandonano le terre del Meridione più avare di opportunità.

Fermiamo questo spreco di intelligenza! L'Italia ha bisogno dell'ingegno e del saper fare della gioventù per preparare l'avvenire. Ne ha bisogno per girare la testa verso il futuro, per accrescere la produttività della sua economia, per portare il Sud unito al Nord in Europa.

Solo chi stima le istituzioni del sapere può davvero riformarle. Chi le denigra può solo aggravarne i difetti. Questa è la differenza tra sinistra e destra nella politica della ricerca. Il PD sa bene che studenti, ricercatori e professori costituiscono una risorsa preziosa non ancora messa a frutto per il progresso civile ed economico. A tal fine intende definire che cosa il Paese può fare per le Istituzioni del sapere e che cosa queste Istituzioni possono fare per il Paese. La nostra stima, infatti, riguarda sia i meriti degli studiosi italiani sia i frutti che i loro studi possono portare alla prosperità nazionale.

Tutte le riforme più importanti per l'Italia implicano un forte impegno delle Università e degli Enti di ricerca. Ecco la prima domanda che si porrà il nostro governo: che cosa può fare la conoscenza per il Paese?



Le città dell'innovazione

Le città costituiscono la carta non ancora giocata dall’Italia per uscire dalla crisi. La cultura urbana è ciò che abbiamo di peculiare e di inimitabile nella competizione mondiale. In essa il filo della tradizione si intreccia con le opportunità del moderno. Solo a partire dai punti alti della nostra identità nazionale sarà possibile cogliere le sfide del futuro.

Le belle città italiane sono state sfigurate dall’industrializzazione, ma possono diventare luoghi ideali per la ricerca, le tecnologie, i servizi avanzati e l’alta formazione. L'innovazione in fin dei conti non è questione di tecnologie, ma di creatività. È un processo sociale che favorisce la produzione dei saperi e delle arti, l’invenzione di nuovi prodotti, l’elaborazione di nuovi stili di vita, mutamenti dell’organizzazione civile, condivisione di conoscenze, contaminazione tra esperienze diverse, apertura verso le differenze, ricambio generazionale, mobilità nella scala sociale ecc. Di fronte alla tendenza omologante della globalizzazione le differenze urbane diventano una risorsa in più.



mercoledì 13 febbraio 2013

Milano vista da Roma

Dialoghi Internazionali - Città nel Mondo, n. 18, 2013

E' sempre utile tornare sulla relazione tra Roma e Milano per comprendere presente e futuro del nostro Paese. La globalizzazione non solo non archivia il vecchio dualismo nazionale, ma per certi versi ne illumina aspetti prima nascosti.

Le due città, diceva Prezzolini, sono come annotazioni sul passaporto spirituale degli italiani,  caratteri irriducibili e non di meno entrambi indispensabili per definire la fisionomia italiana. Tutto ciò è la conseguenza dell'eccentricità o meglio della mancata centralità di Roma, una capitale anomala che non è mai riuscita a rappresentare da sola l'intero carattere nazionale, come invece hanno saputo fare Londra o Parigi. In ogni caso, della relazione tra le due città è interessante sia il lato antitetico sia quello complementare.