venerdì 12 settembre 2014

Sulle nomine alla Corte Costituzionale e al CSM


Non sono d’accordo con le candidature per la Corte Costituzionale e per il Consiglio Superiore della Magistratura. Ecco il mio intervento all’assemblea dei deputati e dei senatori del Pd.

Ci troviamo di fronte a una proposta vecchio stile, senza alcuna innovazione. Quasi tutti i candidati provengono da incarichi politici, anche se dotati di curriculum soddisfacenti. Non è qui in discussione la validità delle singole persone, ma appunto il criterio adottato.
Si rafforza una tendenza, in atto da tempo, alla politicizzazione dei massimi organi di garanzia costituzionale. Dovrebbero essere luoghi improntati al culto dell’imparzialità e invece rischiano di essere coinvolti nel conflitto politico quotidiano.

Che una parte di quei collegi sia nominata dal Parlamento non significa che i partiti debbano ricorrere solo ai propri esponenti, anzi dovrebbero indicare personalità di alto profilo e di sicura indipendenza di giudizio. Altrimenti si rischia di farne una sorta di commissioni parlamentari di politici in pensione. 
Con la revisione del bicameralismo, inoltre, aumenta il carico di responsabilità degli organi di garanzia costituzionale, e nel contempo il sistema ipermaggioritario tende a politicizzare le funzioni istituzionali e a indebolire i contrappesi. Non solo gli oppositori, ma addirittura i sostenitori della revisione costituzionale approvata in Senato riconoscono che nel nuovo assetto aumenta la criticità delle funzioni di garanzia. Se la politicizzazione della Corte e del Csm era sbagliata prima, lo sarà ancora di più in futuro.

Infine, consentitemi una considerazione politica. Non mi sfugge che una lista di nomi da approvare con voto qualificato dal Parlamento in seduta comune comporti una trattativa con gli altri gruppi. Ma le carte le diamo noi del Pd come partito di maggioranza. L'intera partita dipende dalla nostra giocata iniziale. Se invece dell’innovazione scegliamo la conservazione non potremo che raccogliere risultati dello stesso segno.
Nonostante le apparenze, sono un estimatore del renzismo - o almeno dei suoi capisaldi. Semmai i miei dubbi riguardano la coerenza attuativa, e questa vicenda non fa altro che rafforzarli. Il nostro leader ha inviato tre segnali forti al Paese: ricambio della classe politica, parità di genere e lotta alla burocrazia. Nella proposta non c’è traccia di nessuno di questi criteri. Sono politici di lungo corso, c'è solo una donna su dieci candidati e il nome di Catricalà è un segnale inequivocabile della conservazione dell’alta burocrazia statale. Spero quindi che ci possa essere un ripensamento in materia.