domenica 14 dicembre 2014

È possibile

Intervento all'assemblea La sinistra? Possibile promossa dall'area di Pippo Civati a Bologna, 13 Marzo 2015. 
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Nel vedervi così numerosi mi sono tornate in mente le passioni di un anno fa. Portammo nelle primarie il sogno di un Pd mai visto prima. Non siamo riusciti a realizzare il sogno. Ops, manca una parola in questa frase, suona meglio così: non siamo ancora riusciti a realizzarlo.

Il nostro pensare in positivo non è stato accolto. Il nostro temere il negativo ha avuto troppo successo. Per una minoranza è davvero un guaio avere ragione sul lato negativo, perché rischia di trovarsi peggio di prima. Infatti, mi ha stupito una frase di Renzi - “Se fallisco io viene la troika” – parole pesanti, forse rivolte proprio a noi, certo una drammatizzazione per ottenere altre deleghe in bianco. Tuttavia, non è di poco conto che il segretario abbandoni per un attimo il racconto mirabolante e metta in conto la sconfitta. Cambia l'allure del renzismo, finisce l’età del’innocenza, della freschezza e dell’ottimismo; si affaccia un atteggiamento più cupo, ultimativo e senza alternative; il gioco si fa quindi più duro nella vita interna e torna il linguaggio cameratesco della disciplina. Non dobbiamo farci incupire. E’ possibile non è solo il nome di un’associazione, di più è uno sguardo positivo sulla sorte del Pd e della sinistra italiana.

Quella frase - viene la troika – rivela che il leader si sente inseguito, come chi è alla guida ed essendo incalzato dall'automobile che viene dietro finisce per sbagliare strada svoltando a destra anche se non è necessario. È successo proprio così con la cancellazione dell’articolo 18 e lo scontro con i sindacati. È stata proprio la svolta sbagliata; da quel momento il governo ha cominciato a perdere consensi e ha interrotto la luna di miele con il Paese. Ma era proprio ciò che voleva la troika. Renzi così credeva di avere più forza in Europa e invece appena ha approvato il Jobs Act l'establishment ha cominciato a maltrattarlo. Ieri Juncker ha abbandonato il solito aplomb e ha usato parole beffarde vero il governo italiano. Sembrava volesse dire: bravo ragazzo hai quasi finito i compiti, fra un po’ non avremo più bisogno di te.

venerdì 12 dicembre 2014

Era meglio la legge Scelba: perché non va bene l'Italicum.

Intervento in Senato nella discussione sulla legge elettorale, 13 Gennaio 2015.

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Signor Presidente, signori senatori,

l’Italicum è invecchiato prima di nascere. Si procede ad approvarlo per inerzia, con la solita sicumera, ma fuori dalla realtà del Paese, senza risolvere la crisi di fiducia tra politica e cittadini, anzi rischiando di aggravarla. 

La crisi è cominciata quasi dieci anni fa con il Porcellum che ha rotto il rapporto tra eletti ed elettori aprendo la via alla delegittimazione della Casta. Si sperava in una svolta per restituire lo scettro agli elettori e invece si prosegue con l'ancien régime. La legge Del Rio assegna al ceto politico l’elezione dei consiglieri della Provincia e della Città Metropolitana. Lo stesso metodo di elezione di secondo grado sarà applicato nella nomina dei senatori, secondo la proposta di legge Boschi. E per quando riguarda la gran parte dei deputati l’Italicum conferma il potere di nomina da parte dei capi-partito. Nella nuova versione si vuole mitigare l’effetto Porcellum aggiungendo una quota di eletti con le preferenze che riguarderebbe però solo i primi due partiti. Tutti i fenomeni corruttivi, da ultimo e più gravemente il caso romano, sono caratterizzati dalla furiosa lotta di preferenze tra correnti di partito. Dubito che sia utile reintrodurle proprio adesso nella legge elettorale nazionale.

Il secondo Italicum mette insieme i due meccanismi più screditati: le preferenze e i nominati. Di conseguenza il rapporto tra eletti ed elettori può solo peggiorare.

martedì 2 dicembre 2014

In ricordo di Silvano Andriani


Riporto di seguito il mio intervento odierno in Senato in ricordo di Silvano Andriani.

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Signor presidente, onorevoli senatori,

è venuto a mancare ieri Silvano Andriani, senatore della Repubblica nella IX e X legislatura, stimato esponente della sinistra italiana e valente studioso della politica economica. Ci uniamo alla commozione che il Presidente Repubblica ha voluto esprimere ieri con parole affettuose e piene di vividi ricordi. 
Poche ore fa a Tor Vergata lo hanno salutato gli amici, ancora sgomenti per la notizia inaspettata. Per sua volontà nulla si era saputo della malattia e nessuna parola è stata pronunciata nella camera ardente. Ha cercato anche nella morte quella sobrietà riflessiva che lo ha accompagnato nella vita. Inn privato come in pubblico è sempre riuscito a mettere in tensione creativa le differenze, tra la ritrosia e la socievolezza, tra la necessità e la bellezza, tra il rigore e l’invenzione, tra la coerenza di partito e quello spirito libertario che in gioventù aveva attinto alla sorgente di Lelio Basso.

Forse non avrebbe voluto neppure questa commemorazione; mi sembra quasi di sentire il suo rimprovero mentre parlo a voi, cari colleghi. Credo però che valga la pena, ancor di più in questi tempi difficili, di onorare la memoria di un uomo politico che ha servito il Paese con sapienza, lungimiranza e onestà.

Silvano Andriani ha rappresentato il Pci in questa aula del Senato, cercando sempre un confronto leale con le altri parti politiche. Da ricordare i suoi dibattiti in commissione bilancio con l’allora ministro Beniamino Andreatta - due persone così diverse tra loro per le matrici culturali e per i ruoli di maggioranza e opposizione, eppure così vicini per la medesima curiosità verso il cambiamento del Paese. Correvano gli anni ottanta, quel decennio di passaggio tra una ripresa del vitalismo produttivo e il conservatorismo dell’oligarchia finanziaria. Andriani sapeva cogliere i nessi tra politica industriale e dimensione finanziaria, non solo nell’attività parlamentare, ma soprattutto nell’attività di ricerca del Cespe, che sotto la sua direzione fece crescere una nuova generazione di economisti di sinistra.